La Corte di Cassazione con l’ordinanza n.17410/2023 ha affermato che la responsabilità di leggere correttamente le immagini di un esame diagnostico grava sul medico senza che la carenza della necessaria specializzazione possa escludere la colpa per una erronea interpretazione dei suoi esiti. Contrariamente l’imperizia si tradurrebbe in un “vuoto di tutela”.
La Cassazione lo afferma a seguito del rigetto del ricorso contro la sentenza con la quale la Corte di Appello dell’Aquila aveva confermato la condanna al risarcimento dei danni emessa dal Tribunale nei confronti di un ginecologo per la morte di una paziente a seguito di un errore diagnostico.
Alla donna era stata diagnosticata una “cisti liquida” (che poi si era capito fosse inesistente) invece di “un quadro morfologico di deterioramento della parete intestinale”.
La Corte di appello aveva evidenziato come “una corretta analisi ecografia avrebbe dovuto indurre il ginecologo a correlare i sospetti ai forti dolori addominali manifestati, portando subito al ricovero ospedaliero della paziente per accertamenti”.
Il ginecologo lamentava il fatto che non si era tenuto conto della sua specializzazione e che quest’ultima “impediva di addebitargli l’imperizia ipotizzata nella refertazione ecografia e nell’errore diagnostico commesso”. Questa tesi però non ha convinto la Cassazione.
Il ginecologo aveva la responsabilità di leggere in modo corretto le immagini ecografie oltre alla “connessa responsabilità di corredare quelle stesse immagini alla specifica anamnesi, cosi da indirizzare la paziente presso strutture in grado di risolvere il problema”.
Da ciò si evince il principio stabilito dagli Ermellini secondo cui “la distinta specializzazione medica non esclude la colpa di chi, eseguendo un esame e dunque assumendo la responsabilità di quello, lo referta in modo erroneo senza indirizzare ai necessari approfondimenti con la cautela e tempestività del caso concreto“.
Un principio già ampiamente sostenuto dalla Corte di Cassazione che con la sentenza n. 37728/2022 afferma, in una sua parte, che “il medico radiologo, essendo al pari degli altri sanitari, tenuto alla diligenza dell’art. 1176, comma 2, del codice civile, non può limitarsi a una mera lettura degli esiti dell’esame diagnostico effettuato, ma, allorché tali esiti lo suggeriscano, deve attivarsi per un approfondimento della situazione, dovendo prospettare al paziente la necessità di far fronte ad ulteriori e più adeguati esami”.
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Dott.ssa Veronica Lupi