Il caso al vaglio degli Ermellini, riguardava il sig. Tizio che proponeva una causa per un danno conseguente all’errato trattamento medico di una frattura di una gamba.
Il Tribunale, accertava l’errore medico ed un danno danno biologico del 25%, ma riconosceva un danno differenziale del 17% imputabile a malpractice medica, in quanto la percentuale dell’8% sarebbe comunque residuata in caso di intervento esente da colpa medica.
L’appello proposto dall’attore veniva respinto. Tizio, quindi, proponeva ricorso per Cassazione.
La Suprema Corte, riportandosi ai principi espressi da Cass. 11/11/2019, n. 28986 (precedenti conformi Cass. 21/08/2020, n. 17555; Cass. 06/05/2021, n. 12052 e Cass. 27/09/2021, n. 26117), ha stabilito come la liquidazione del danno biologico debba essere effettuata valutando l’invalidità complessiva, risultante dalla menomazione preesistente sommata a quella causata dall’illecito, convertendo entrambe le percentuali in una somma di denaro ed, infine, sottraendo dal valore complessivo la menomazione preesistente, non imputabile all’errore medico.
La quantificazione del danno biologico derivante da colpa medica va, quindi, individuata nel differenziale tra l’importo riconosciuto secondo il sistema tabellare milanese e la percentuale di invalidità risultante da un intervento chirurgico eseguito secondo la lege artis.
Tornando al caso concreto, se la frattura riportata da Tizio fosse stata correttamente trattata avrebbe comportato un’invalidità dell’8% ed il paziente non avrebbe avuto diritto ad alcun risarcimento del danno.
L’errore medico ha comportato per Tizio un’invalidità del 17%, pari alla differenza tra il 25% (danno complessivo) e l’8% (intervento esente da censure).
Avv. Andrea F. Scaccabarozzi